2.9 L’idrofono è un microfono speciale, impermeabilizzato, che può essere immerso in acqua. Esistono modelli professionali del costo di decine di migliaia di euro per applicazioni scientifiche ma per poche decine di euro è possibile commissionare la costruzione di un idrofono che ci permetterà di fare alcune piccole interessanti scoperte. Anche all’interno del nostro lavandino potremmo registrare, attraverso sgocciolii, immersioni totali o parziali dell’idrofono, una buona varietà di suoni.
Alla tonnara di Vendicari, all’interno del sottile molo in muratura che costeggia l’intera struttura sono stati prodotti 2 o 3 canali che permettono il flusso ed il riflusso dell’acqua del mare. Ancor prima di registrarne i suoni è possibile udire dei suoni piuttosto complessi costituiti dal flusso dell’acqua e dell’aria ma anche dal suono del materiale stesso (plastica) che riveste i canali stessi. In questo modo il canale “suona” il mare imitando un didjeridoo. E l’idrofono può sentire tutto questo. A Trevor Cox (del quale si è scritto qui in precedenza) sarebbe forse piaciuto ascoltare e descrivere questi suoni nel suo libro.
L’idrofono nella foto è stato costruito da Tito Castelli (c/o Audio Hack Lab, Torino).
2.10 Ho letto che l’uomo primitivo ebbe necessità di dare un nome agli animali per poterli cacciare. E’ avvenuto lo stesso per i suoni?
Segue un contributo di Cecilia Alemagna, architetto, studiosa del Paesaggio Sonoro e membro del gruppo SSRG (Sicilian Soundscape Research Group) che ha sede a Catania.
Oltre il senso del tag_
(prime riflessioni su una app per il paesaggio sonoro)
Sharawadji:
Quest’effetto estetico caratterizza la sensazione di pienezza che si crea talvolta nella contemplazione di un motivo sonoro complesso la cui bellezza è inspiegabile. Il termine esotico che i viaggiatori hanno introdotto in Europa nel XVII secolo al loro ritorno dalla Cina, designa la “bellezza” che si genera senza che sia indistinguibile l’ordine o la struttura della cosa. Cosi, quando i cinesi vistano un giardino la cui bellezza colpisce la loro immaginazione per la sua assenza di disegno è loro costume dire che il suo “sharawadji” è ammirabile.
(J.F.Augoyard, H.Torgue, Repertorio degli effetti sonori, p,272, Quaderni Di M/R 52 LIM, Lucca, 2003)
La creazione di una soundmap in rete presuppone spesso l’esigenza di classificare i suoni all’interno di alcune categorie: layer, filtri, tag . Categorie legate allo ‘scopo’ con cui è stata ideata la soundmap.
Durante un incontro con alcune tesiste dell’accademia Abadir, Ambra Sapuppo e Ilenia Treccarichi, in procinto di proporre una app. sul paesaggio sonoro è emersa una riflessione su come classificare i suoni-rumori che gli utenti avrebbero caricato.
Da ortodossa seguace di Schafer mi sembrava doveroso utilizzare pedissequamente il suo lessico (suoni HI-FI, LO-FI, keynote sounds , sound signals, soundmark etc..) o alcuni termini del Repertorio degli effetti sonori (Sharawadji, ad esempio), e di integrarlo eventualmente con nuove voci proprie della ricerca delle studentesse, legate in questo caso al rapporto tra memoria e collettività. La condivisione dei suoni del paesaggio in rete data dalla pubblicazione di sempre più soundmap ha avvicinato molti creativi (e non) al tema del paesaggio sonoro, immaginare app che consentano di caricare e taggare i suoni è oggi scontato, semplice ed affascinante.
Tag e hashtag,‘aggregatori tematici’ o più semplicemente parole chiave, identificano luoghi, situazioni, stati d’animo.
Inventare gli hashtag è una delle principali attività con cui ci divertiamo e distinguiamo nei social, ma possiamo paragonare l’attività di “Hashstaggare” a quella della costruzione di un lessico? La ‘rete|comunità’, iniziando a ‘nominare’ i suoni sta arricchendo inconsapevolmente il lessico del paesaggio sonoro, sta ricominciando a descrivere la dimensione sonora dell’ambiente in cui vive, a dare un significato o un valore ai suoni ambientali ed a riacquistare una sensibilità uditiva.
Potremmo così immaginare una app che ogni volta che un termine supera un certo numero di tag lo riconosca come nuova voce di un possibile dizionario (munito quindi di definizione) che mescoli termini specializzati con quelli quotidiani, una app che chieda alla gente di sforzarsi o di divertirsi a definire i suoni e le sensazioni che prova magari rubando termini e parole provenienti da altri discipline, da letture, film o altre applicazioni (cosi come soundmark proviene da landmark, belsentire provenga da belvedere).
Un esempio: Trevor Cox nel suo sito Sound Tourism: a travel guide to sonic wonders (www.sonicwonders.org) legato al magnifico libro che ha scritto sulle meraviglie sonore del mondo, propone quattro chiavi interpretative:
- vale un viaggio
- vale una deviazione
- interessante
- non classificato
Consigliamo la lettura del libro e i relativi viaggi e di iniziare a trovare parole interessanti per descrivere il vostro ambiente sonoro.
Cecilia Alemagna febbraio 2017.
2.10 Ecco il primo di una serie di “racconti sonori”: Un segnale perduto.
Ogni fotografia nasconde un dettaglio. Non sappiamo mai se questo dettaglio l’abbiamo nascosto noi stessi.
Un esempio: 1945, ci troviamo a Berlino. Il breve messaggio parte debole da un’antenna radio, è una voce in lingua finlandese della durata di 10 secondi. In quel breve periodo è possibile che un finlandese attraversi la città e c’è una minima probabilità che lui ascolti questo messaggio, rivolto soltanto a lui. Se questo non accade, il messaggio si perde nel vuoto ma attenderà ancora. Una pietra affonda lentamente e si deposita per sempre sul fondo sabbioso del mare. Io credo che non sia stato tutto inutile.
2.10 Il vento. E’ uno dei cosiddetti “suoni impossibili” proprio perché sottolinea la meccanica stessa (per quanto elementare) del microfono dandoci spesso la sensazione di avere rovinato la registrazione. Per questa ragione nei Radiodrammi i rumoristi preferivano imitarlo agitando lastre di lamiera oppure mandando in play al contrario le bobine di un vecchio registratore Revox.
Considerando questo problema da un punto di vista differente, il vento può in effetti produrre tanti tipi di suono; può essere modulato ed in qualche modo “suonato”, specie se mentre camminiamo incontreremo suoni vicini e lontani .
In questo senso, se riusciremo a controllare il vento, avremo a disposizione un ulteriore elemento musicale all’interno del racconto.
2.11 Qualità. L’idea di qualità coincide con il livello tecnico ed il valore economico delle attrezzature tecniche che usiamo. Alcune registrazioni hanno un forte valore testimoniale (penso ad esempio alla vendita all’Incanto di Puntalazzo, Montargano, Sant’Alfio ed altri comuni etnei, a tutte le manifestazioni di carattere religioso, ai Mercati del bestiame etc.). Schaeffer scriveva di “impronte sonore” quando intendeva “suoni in via di estinzione”, in casi del genere tutto ciò che saremo riusciti a registrare avrà comunque una sua importanza.
Credo che possiamo definire “di qualità” una registrazione se essa racchiuderà il massimo delle informazioni ed il massimo delle informazioni sono garantite in buona parte da una buona qualità tecnica del registratore sd e del microfono utilizzato…
Sostengo che la registrazione di un evento è una questione soltanto in parte tecnica, dal momento che ogni volta intervengono inevitabilmente fattori imprevedibili (che non coincidono né col nostro udito binaurale né con ciò che ricordiamo), fortuiti e addirittura magici.
A seconda dei casi potremo utilizzare nell’ordine:
- il registratore con 2 microfoni a diaframma piccolo (come nella foto sopra)
- il registratore (tenuto in mano) con i suoi microfoni integrati
- i microfoni/cuffie di cui ho scritto in precedenza (tenendo nascosto il registratore).
In questo ultimo caso il nostro impatto ambientale sarà veramente minimo ma avremo la sensazione di avere rubato qualcosa.
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