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Un Archivio dei suoni

1.1    Buongiorno, questo testo inaugura la sezione Ricerche relativa a “Spettro Sonoro”, che è anche il nome del workshop di ascolto, registrazione e montaggio dei suoni di canecapovolto.

Poiché la formula perfetta credo sia quella più disordinata, spontanea e seriale, inizierò così.

Questa sezione non ha intenti didattici o comunque non nella maniera frontale, alcune di queste informazioni o scoperte vengono infatti dedotte nei workshop che ho nominato prima, altre sono contenute e sviluppate all’interno del seminario “L’immagine Mancante” (il 25 gennaio presso il Centro Culturale Francese a Palermo, in seguito a Catania ed a Noto).

1.2    Il 18 febbraio inaugureremo in maniera veramente ufficiale l’Archivio dei Suoni all’interno di Scuola FuoriNorma, dove avrà sede fisicamente e visto che da un po’ sono al lavoro per riordinare tutte le registrazioni raccolte nell’arco di 15 anni più o meno, mi si stanno presentando tanti interrogativi e tanti spunti che possono interessare molti, non soltanto musicisti o specialisti del suono e del Paesaggio Sonoro.

1.3    Le uniche certezze sono che un Archivio è tale solo se è pensato anche per gli altri e che non è facile ordinare tante registrazioni all’interno di un sistema di catalogazione. Se consultiamo il sistema di Murray Schaeffer, nelle ultime pagine del libro “Il paesaggio Sonoro”, qualunque raccoglitore di suoni verrà mortificato, è vero, ma la cosiddetta “completezza” è certamente un’utopia; se invece andiamo a verificare la classificazione di rumori/effetti sonori nei vecchi dischi o cd, ci accorgeremo di una estrema semplificazione nei confronti dell’universo sonoro.

1.4    Quali suoni mancano allora? Perché alcuni ci sembrano ben poco interessanti? Perché troppo difficili da registrare?

Al momento sento che mi mancano i suoni della preghiera pomeridiana alla Moschea di Catania (mi hanno detto che non sono affatto sospettosi e che darebbero facilmente il permesso) ed il suono di almeno 2 centri commerciali, preferibilmente durante il sabato pomeriggio.

 

1.5    La prima certezza, comunque, ed è quella che vorrei condividere con chi sta leggendo, è che è proprio vero che il suono parla alla parte più antica di noi. L’udito poteva salvare l’uomo primitivo dai predatori, prima che la vista. Un’amica sudamericana mi ha rivelato che il suono di un elicottero può provocarle attacchi di panico (ricordi di una delle dittature in Sudamerica), mentre la vista di un elicottero la lascia indifferente…

all’interno della cosiddetta “tortura bianca” infine, il suono ha una importanza determinante.

 

Tempo fa ho comprato un vecchio magnetofono Castelli al Mercatino delle pulci di Piazza Marina, a Palermo. Aveva una bobina magnetica montata e non vi dico che cosa ho provato ascoltando le scenette di un gruppo di amici palermitani (ormai quasi certamente defunti) un turbamento del genere me lo ha raccontato Tito Castelli, che comprò nello stesso mercatino una vecchia segreteria telefonica con minicassetta e vecchi messaggi registrati…

Andatevi a cercare che cosa facevano Konstantin Raudive e Frederic Jurgensson con i magnetofoni.

 

1.6    Le registrazioni di suoni/rumori sono anche elementi interessanti dal punto di vista del montaggio e della composizione, possono essere utilizzate anche con suoni prodotti da strumenti musicali o con voci narranti, dialoghi o letture, oppure no.

Il fatto è che se non ci porremo limiti, sarà facile inventare cose sonore nuove, difficilmente identificabili e perennemente fuori-genere ed anche insospettabilmente “visive”. Certo, qui c’è molto più spazio da esplorare rispetto all’immagine.

1.7    C’è poi l’aneddoto del suono dello sparo. E’ soltanto un suono?

No. Perché? Perché quando è stato registrato, l’uomo con il registratore aveva davanti un cacciatore in carne ed ossa. E’ successo poi che l’immagine è andata perduta, a differenza del suono, e non c’è un modo per riaverla. Molto più spesso capita che le fotografie perdano il loro suono. In alcune immagini la sensazione sonora è molto molto forte ma anche stavolta un elemento dell’esperienza si è perduto per sempre e possiamo solo dare un valore alla sua assenza.

Per il momento è tutto.