In fondo è ingiusto chiamarlo semplicemente rumore. Tempo fa uno studente del Conservatorio di Trapani mi ha detto di non avere alcuna difficoltà a considerare
il suono di un treno (che magari è tra i rumori più poetici ed emotivamente significativi) oppure quello di un camion come “suoni naturali”.
Allo stesso modo un’altra persona affermava che in determinate condizioni (inquadrature sonore) il suono del mare è difficilmente distinguibile da quello di una
autostrada…
Guardiamo adesso questo rettangolo nero, sembra la somma di tutto (e non un vuoto di informazione) lo stesso vale per il rumore.
Ascoltate qui:
Questo brano è stato composto tenendo in mano un cavo, aprendo e chiudendo un circuito costituito da un amplificatore e dal corpo umano.
Si possono modulare i suoni in tanti altri modi, soprattutto se si utilizza un effetto delay. Ecco qui sotto l’immagine del suono (sono 2 registrazioni
diverse sovrapposte)
Ecco un altro brano, realizzato nello stesso modo (stavolta senza nessuna sovrapposizione)
Quì sotto ecco invece un tipico “scarto”, si tratta di una pagina di adesivi (in parte già staccati), attira il nostro occhio in modo strano, no?
Forse perché questa immagine contiene poca informazione ed anche perché ha esaurito il proprio ciclo vitale (infatti era finita nella spazzatura).
Ogni anno porto i miei alunni a fare registrazioni audio. Loro devono poi realizzare una composizione della durata di 2 minuti che abbia caratteristiche
documentarie, diaristiche, musicali etc. Giuseppe Castronovo ha avuto l’idea di scegliere (al contrario dei suoi colleghi) proprio gli “scarti” delle registrazioni.
Ci trovavamo a Palermo, nei pressi del Castello della Zisa.
Per adesso è tutto, la prossima volta un viaggio nel magico mondo del Circuit Bending. A presto.